Descrizione
Spesso si dice che un racconto, per essere un vero racconto, debba avere un inizio, un centro e una fine, una trama – anche se sottaciuta – costruita ponderando ogni peso, e limando ogni parola fino a raggiungere il massimo di significato, e insieme di mistero, nel minimo dello spazio. Questo è vero, ma è solo una parte, per me: perché un racconto può essere anche volutamente sporco, sospeso, sbilanciato generosamente nella sua struttura, eppure contenere un guizzo, il grumo di un “qualcosa” che è insieme la descrizione creativa di un mondo e il simbolo di quello stesso mondo.
Io non so se queste prose di Luca Casoni siano tecnicamente racconti in base alla prima definizione, o semplicemente pezzi fulminanti, scorrevoli e pieni di vita. Di sicuro, contengono quel guizzo, quel “qualcosa”: descrivono, ricreano descrivendo, un mondo.
Il trattore a cingoli del nonno, i leoni che sbragliano al lago, la sbruffoneria e i corteggiamenti, il Calvario da cui si guardano le stelle e le topine, il rock e l’Ape 50, l’odore dell’asfalto appena steso in mezzo ai castagneti. Questo mondo esiste, ed è così bello leggerne, e anche scriverne.
Luca Casoni lo fa con passione e divertimento, sempre un po’ ghignando: un bello sganassone con cui rimetterci a posto, alla fine, lo tiene sempre da parte. È una gran bella caratteristica di questi testi che il più delle volte, come si diceva, magari non sono storie in senso stretto, piuttosto atmosfere che si sviluppano dettaglio su dettaglio, si tendono giocando con l’attesa, e poi si chiudono, come un elastico mollato a brutto grugno. Alcune si chiudono con una sentenza, con una delusione, un colpo di scena, o un numero da disgraziati; altre sulla soglia di una porta, proprio un attimo prima di aprirla, prima che il giovane protagonista e narratore sappia se il mondo che sta oltre verrà conquistato o gli crollerà davanti agli occhi. Ma l’importante è che questo mondo esiste, e man mano che leggerete, vi renderete conto che continua a esistere, ed è il vostro, e proverete insieme orgoglio di viverci dentro, e malinconia.
Sandro Campani