Pubblicato il

DIARIO DI UN’ADOZIONE RECENSITO SU ITALIAADOZIONI

Il lungo “viaggio” dell’attesa

Il tempo dell’attesa: un periodo pieno di sogni, speranze, frustrazioni, gioie, paure. Un periodo che può offrire stimoli di crescita e maturazione per una coppia. Riportiamo l’esperienza di una papà adottivo, che della sua attesa ne ha fatto un libro.
Il tempo dell’attesa di un figlio è stato per me e per mia moglie un tempo delicato, dove abbiamo trasformato il bisogno in desiderio, dove abbiamo rafforzato il nostro amore per costruire insieme ciò che volevamo: diventare una famiglia.
Per noi il desiderio del figlio arriva quasi subito, appena dopo sposati. Poi iniziano le difficoltà e i tentativi con la fecondazione assistita, un periodo difficile segnato dalla paura di non diventare genitori. Ogni qualvolta le speranze svanivano, mentre tentavamo con la medicina di realizzare il nostro sogno, provavo una forte frustrazione. Non ci volevamo accanire, non volevamo perdere il nostro equilibrio di coppia in quella dura prova a cui ci stavamo sottoponendo. Eravamo ad un punto morto ed io ero impaurito. Non avrei cresciuto mio figlio, non avrei ripercorso con lui una nuova infanzia, non avrei avuto parole da tramandare a chi le avrebbe testimoniate in futuro. Spesso, dopo quei fallimenti, piangevo. Il sogno sembrava irrealizzabile.
Poi con mia moglie abbiamo partorito la nostra scelta più naturale, conseguentemente all’impossibilità di procreare. Il nostro desiderio di diventare mamma e papà si sarebbe realizzato adottando. Abbiamo allora iniziato con l’iter presso i servizi sociali e da subito ci è sembrato di camminare per la strada giusta verso quello che volevamo. I tempi sarebbero stati lunghi e gli operatori che ci preparavano a diventare genitori adottivi ci mettevano davanti a tutte le eventuali difficoltà che avremmo potuto affrontare, come accogliere un bambino già grande o con problematiche di vario tipo, ma noi eravamo armati della nostra testardaggine e convinti della nostra decisione. Avevamo chiuso la porta dei tentativi di fare un figlio a tutti i costi e aperto il cuore al nostro istinto, che ignorava tutte le paure e i dubbi di quella cosa grande che stavamo facendo:adottare un bambino per crescerlo. Iniziava per noi il tempo dell’attesa.
Abbiamo vissuto quel tempo nell’orbita di un immenso universo vuoto, scandito dagli appuntamenti che il percorso dell’adozione richiede. Ci siamo immaginati sempre su una navicella spaziale, ad attendere che una telefonata ci facesse atterrare. I tempi sono stati lunghi, ma come previsto. Il periodo più difficile è stato quello dopo l’abbinamento quando nostra figlia aveva già un volto e la immaginavamo ad aspettarci, anche se all’epoca era molto piccola. Ricordo perfettamente la telefonata che ci confermava l’abbinamento: ero in una brutta zona industriale, ma quando in macchina risposi al telefono,  i capannoni che avevo davanti si sciolsero con le mie lacrime; quel momento e quel luogo diventarono parte della nostra storia.
A tutti coloro che decidono di compiere questa scelta, consiglio di riflettere per tutto il lungo tempo dell’attesa sul percorso meraviglioso che una coppia che adotta ha avviato: la costruzione di una famiglia con l’accoglienza di un bambino, che porterà ricchezza di affetto e maturità ai genitori che vedranno realizzare il loro progetto.
Io ho esorcizzato quel tempo annotando i miei pensieri nel mio “ Diario di un’adozione”, che ho iniziato a scrivere come traduzione delle mie paure e dei miei desideri, riportando gli avvenimenti per testimoniare un giorno, a mia figlia, cosa accadeva mentre la aspettavamo.
Leggendo ciò che ho scritto, descrivo il passaggio dal figlio ideale, che piano piano si modifica e che poi si materializza diventando lei, Mansi, mia figlia.  Il diario si conclude con il viaggio in India e l’arrivo a casa, il ritorno dal paese di origine di mia figlia, che diventa l’inizio della nostra nuova storia, la nascita della mia famiglia, in un giorno di pioggia dove le emozioni erano incontenibili.
Il giorno in cui abbiamo incontrato nostra figlia è stato come un piccolo big bang, dove tutto finisce, tutto ricomincia, e da allora il mondo gira intorno a lei e il mio diario diventa storia, diventa la nostra ricchezza che useremo per ricordare il tempo passato. Siamo passati da quei giorni di attesa per arrivare oggi, con nostra figlia, ad essere felici insieme, semplicemente.

Rossano Crotti
Diario di un’adozione”, Edizioni Terra Marique, 2014

Pubblicato il

CILINDRO, PAPILLON E BENZINA LIMITED EDITION

Edizione limitata: le poesie dell’edizione bianca più quattro bonus tracks poetici scritti a mano dall’autore. Da non perdere!

In questa seconda raccolta di poesie, Fabrizio Tagliaferri imbocca la strada, a lui particolarmente congeniale, di una scrittura aggressiva e vagamente sarcastica. Quasi uno sberleffo volto ad offendere e tradire l’attesa mentale del lettore, in un continuo depistaggio psicologico.
Così facendo, egli mette in mostra naturali doti di spiazzamento, utili al raggiungimento di un senso ulteriore. Viene da pensare, per esempio, alla tecnica della traduzione automatica del cuore, cara al movimento surrealista. Ma ancor di più alla provocatorietà insita nel mondo rock, a cui questi testi sembrano alludere, se non attingere. Come non pensare alla spietata scorrevolezza delle ballate più libere, deliranti, del primo Bob Dylan. O all’altro lato della strada cantato per sempre da Lou Reed.
Sì, perché, in effetti, l’aspetto più convincente di questo libro sta nella forza delle immagini e nell’apparente immediatezza delle frasi, gettate in pasto a un tu misterioso e necessario, con cui il poeta si confronta di continuo, al quale rivolge le sua spasmodica attenzione esistenziale e artistica, come nella notevole Poeta.
L’ambiguo rispetto per la poesia canonicamente intesa e l’alta stima per il trasbordare della musica interiore, la naturale propensione a favore del ritmo libero del proprio respiro, sono di certo fattori pro. Input che spingono il libro verso nuovi lettori (o lettori nuovi), ragioni sacrosante per una pubblicazione che voglia, oggi, stare sui suoi passi.
La poesia di Tagliaferri sembra aspirare spontaneamente al doppio: a sbavare tenendo il tempo, a farsi musica venefica e potabile, a staccarsi dalla pagina – a cui l’Autore stesso l’ha proditoriamente infissa – e liquefarsi in voce.
Voce roca, cadenzata, notturna, ma replicabile e perciò viva. Nel tempo sperso o sparato di chi grida il suo destino da un palco, reale o immaginario. Mentre le mani elettriche di un ragazzo, di una generazione, stanano dalla chitarra il dopo. Affinché il presente si schiodi dal silenzio e dal rumore. E tutto si esprima attraverso la lingua cantata del pensiero.
In ogni caso, il peso della penna come una pistola, insegna Seamus Heaney, è il miglior viatico.

Prefazione firmata dal poeta sassolese
Emilio Rentocchini

Pubblicato il

CILINDRO, PAPILLON E BENZINA

In questa seconda raccolta di poesie, Fabrizio Tagliaferri imbocca la strada, a lui particolarmente congeniale, di una scrittura aggressiva e vagamente sarcastica. Quasi uno sberleffo volto ad offendere e tradire l’attesa mentale del lettore, in un continuo depistaggio psicologico.
Così facendo, egli mette in mostra naturali doti di spiazzamento, utili al raggiungimento di un senso ulteriore. Viene da pensare, per esempio, alla tecnica della traduzione automatica del cuore, cara al movimento surrealista. Ma ancor di più alla provocatorietà insita nel mondo rock, a cui questi testi sembrano alludere, se non attingere. Come non pensare alla spietata scorrevolezza delle ballate più libere, deliranti, del primo Bob Dylan. O all’altro lato della strada cantato per sempre da Lou Reed.
Sì, perché, in effetti, l’aspetto più convincente di questo libro sta nella forza delle immagini e nell’apparente immediatezza delle frasi, gettate in pasto a un tu misterioso e necessario, con cui il poeta si confronta di continuo, al quale rivolge le sua spasmodica attenzione esistenziale e artistica, come nella notevole Poeta.
L’ambiguo rispetto per la poesia canonicamente intesa e l’alta stima per il trasbordare della musica interiore, la naturale propensione a favore del ritmo libero del proprio respiro, sono di certo fattori pro. Input che spingono il libro verso nuovi lettori (o lettori nuovi), ragioni sacrosante per una pubblicazione che voglia, oggi, stare sui suoi passi.
La poesia di Tagliaferri sembra aspirare spontaneamente al doppio: a sbavare tenendo il tempo, a farsi musica venefica e potabile, a staccarsi dalla pagina – a cui l’Autore stesso l’ha proditoriamente infissa – e liquefarsi in voce.
Voce roca, cadenzata, notturna, ma replicabile e perciò viva. Nel tempo sperso o sparato di chi grida il suo destino da un palco, reale o immaginario. Mentre le mani elettriche di un ragazzo, di una generazione, stanano dalla chitarra il dopo. Affinché il presente si schiodi dal silenzio e dal rumore. E tutto si esprima attraverso la lingua cantata del pensiero.
In ogni caso, il peso della penna come una pistola, insegna Seamus Heaney, è il miglior viatico.

Prefazione firmata da
Emilio Rentocchini

Pubblicato il

A ME IMPORTA

Mirco Bertolini è un uomo come tanti, che trascorre una vita normale cercando di guadagnarsi da vivere nella tetra Sassuolo della provincia emiliana.
Tutto cambia il giorno in cui una sua cara amica viene ritrovata lungo le sponde del Secchia, brutalmente uccisa. Desideroso di scoprire la verità che si cela dietro il sanguinoso delitto, Mirco intraprenderà una personale crociata che lo porterà ad addentrarsi nel mondo sommerso e oscuro che si cela oltre le apparenze del perbenismo. Quella che era iniziata come la ricerca di alcune risposte si muterà presto in uno scontro mortale per salvare la propria vita e punire i colpevoli dell’omicidio.
In un crescendo di tensione e violenza, inseguito da poliziotti e criminali spietati, Mirco capirà che il male vero ci è più vicino di quanto siamo disposti ad ammettere: costretto a scegliere tra giustizia e vendetta, scoprirà che l’unica cosa più pericolosa del limite da non attraversare sono gli uomini che l’hanno già oltrepassato.