Mirco Bertolini è un uomo come tanti, che trascorre una vita normale cercando di guadagnarsi da vivere nella tetra Sassuolo della provincia emiliana.
Tutto cambia il giorno in cui una sua cara amica viene ritrovata lungo le sponde del Secchia, brutalmente uccisa. Desideroso di scoprire la verità che si cela dietro il sanguinoso delitto, Mirco intraprenderà una personale crociata che lo porterà ad addentrarsi nel mondo sommerso e oscuro che si cela oltre le apparenze del perbenismo. Quella che era iniziata come la ricerca di alcune risposte si muterà presto in uno scontro mortale per salvare la propria vita e punire i colpevoli dell’omicidio.
In un crescendo di tensione e violenza, inseguito da poliziotti e criminali spietati, Mirco capirà che il male vero ci è più vicino di quanto siamo disposti ad ammettere: costretto a scegliere tra giustizia e vendetta, scoprirà che l’unica cosa più pericolosa del limite da non attraversare sono gli uomini che l’hanno già oltrepassato.
Category: Libri pubblicati da Edizioni Terra marique
DIARIO DI UN’ADOZIONE
IL LUNGO VIAGGIO
LETTERA A MANSI
Scrivo questa lettera adesso che sei con noi da un anno, ed è lontano il tempo che abbiamo trascorso aspettandoti.
Il nostro è stato come un lungo viaggio in orbita su una navicella spaziale, un viaggio avventuroso e infinito alla ricerca di te, che si è concluso con una telefonata che ci comunicava che una bambina in un istituto indiano aspettava il nostro amore.
Allora la nostra navicella spaziale ha iniziato a planare per tornare sulla terra, dove abbiamo atteso di partire per venirti a prendere.
Sono stati giorni lunghi, durante i quali guardavamo spesso la tua fotografia e preparavamo la tua cameretta. La sera, prima di dormire, ti pensavamo sempre e io entravo in quella stanza ancora vuota contando i giorni.
Sono stati mesi di attesa, finché un giorno, finalmente, siamo partiti per venirti a prendere. Noi eravamo al settimo cielo, ma tu eri un po’ impaurita e spaesata.
Quel giorno, quando siamo tornati a casa, abbiamo attraversato il mondo, e arrivati ci ha accolto la pioggia: anche il cielo piangeva di gioia come noi. Bagnava la terra, bagnava le case, bagnava tutto intorno a noi, e lavava via la nostra vecchia vita senza di te. Forse dal cielo piangeva di gioia anche chi non ha potuto aspettarti quaggiù e godere della gioia infinita che ci stai donando.
La nostra famiglia è nata in quel giorno di pioggia, quando tutti e tre siamo arrivati a casa e abbiamo spalancato le finestre davanti ai tuoi occhi curiosi, mentre il nostro cuore si apriva in una nuova ed esausta gioia. Respiravamo a pieni polmoni il vento che entrava dalle finestre, che gonfiava le tende, faceva sbattere le imposte e volare via i palloncini che i nonni avevano messo in giardino per darti il benvenuto.
Da quel momento i nostri occhi sono stati solo per te, il frutto del nostro amore, della nostra attesa, del desiderio di diventare genitori.
Quel desiderio potevi essere solo tu. Ogni giorno, ogni tuo gesto regola tutto il mondo in cui viviamo, ed è l’essenza di ogni nostra emozione.
Il senso della vita sta in un tuo abbraccio al mattino, nel tuo addormentarti la sera, nel vederti correre felice e giocare con noi.
Quel giorno di pioggia abbiamo scoperto l’amore incondizionato, nato quando abbiamo incrociato i tuoi occhi, nella stanza dell’istituto di Mumbai.
Questa lettera, che scrivo adesso che hai appena compiuto tre anni, terrà per sempre immobile il tempo, perché anche fra tanti anni, quando la leggerai, nel cuore di mamma e papà ci sarà sempre la luce di quel giorno di pioggia in cui siamo nati.
Rossano Crotti
MI SONO ROTTO IL TENDINE DI ULISSE
Come è nato questo libro?
All’inizio sorridevamo, altre volte ci dovevamo trattenere dalle risate quando sentivamo i nostri pazienti lanciarsi in “nuove versioni” dei termini di Anatomia.
Alcuni, parlando di sé e delle proprie patologie, erano così convinti di usare il termine giusto che quasi ci dispiaceva dir loro che il tendine di Ulisse prendeva il nome dall’epica Iliade e non dall’Odissea (ovviamente si tratta del tendine di Achille).
Confrontandoci con altri colleghi, abbiamo scoperto che anche a loro capitava spesso di sentire versioni “rielaborate” di diverse espressioni mediche. Così una sera, dopo otto ore a un corso di aggiornamento, pensammo di raccogliere tutte queste frasi “buffe” e ricavarne un libro.
Nell’arco di un anno la raccolta era diventata sostanziosa: decidemmo di contattare un editore per valutare l’idea della pubblicazione. Fu allora che conoscemmo Edizioni Terra marique e Roberta Rossi.
Non si tratta di un’opera artistica né di un romanzo creativo, ma “soltanto” di una raccolta di frasi. È stata comunque un’avventura sudata: non pensavamo che sarebbe stato necessario tutto questo lavoro di revisione, editing, correzione e quant’altro.
Alla fine ce l’abbiamo fatta. Eccoci qui!
Questo libro vuole regalare qualche attimo di divertimento, un sorriso in una realtà quotidiana dove si sentono solamente cattive notizie e cronache negative.
Tutte le battute di questo libro sono reali. Non sono frutto dell’immaginazione. Sono affermazioni che i pazienti hanno fatto durante le sedute di trattamento da noi e da altri colleghi fisioterapisti e medici.
Se qualcuno si riconosce nelle frasi qui presenti, non si senta offeso. Capita a tutti di sbagliare un congiuntivo o di confondere una parola con un’altra.
Fatevi una bella risata e ricordatevi che i nervi… non si accavallano!
Alessandro Anceschi e Massimiliano Albicini
IL MIO REGALO PER TE
La mattina dopo aver festeggiato trentun anni, Elly si sveglia nella casa di montagna della sua famiglia, sull’Appennino modenese, con una brutta sorpresa: non ci vede più. Presa dal panico per la situazione imprevista, completamente sola nella grande casa che crede di conoscere bene, Elly va incontro a un brutto risveglio, fino a trovarsi dolorante in fondo alla scala dalla quale è caduta. Nella sua testa confusa prendono forma le immagini della sua vita: il matrimonio con Achille naufragato dopo pochi mesi di convivenza, il lavoro come giornalista pubblicista che non le consente di essere indipendente, l’obbligo dopo la separazione di tornare a vivere in casa dei suoi genitori, nella cameretta un tempo condivisa con le sorelle maggiori Barbara e Silvia.
A turbarla più di tutte è l’immagine di se stessa, incapace di affrontare da sola anche i minimi problemi quotidiani: Elly capisce di non aver mai smesso di essere dipendente dalla sua famiglia, dalla quale vorrebbe un sostegno morale che invece non riesce a ottenere.
Quando la casa di montagna è invasa dalla sorella Barbara, dai due figli di quest’ultima, dalla nonna Gloria e dalla badante Elga, Elly, pur essendosi rintanata lì col desiderio di passare del tempo da sola, si sente sollevata: qualcuno si prenderà cura di lei.
In realtà lo scontro con la sorella Barbara sarà durissimo e la metterà davanti all’unica verità: è ora di abbandonare l’età della “dipendenza cronica da qualcuno che paghi le bollette” e di imparare a cavarsela da sola. A partire dall’uso corretto delle lenti a contatto, causa della temporanea cecità mattutina…
Incoraggiata dall’amico Riccardo, Elly ricomincia la sua vita dal punto esatto in cui aveva preso una piega sbagliata: le viene così l’idea di restituire i regali di nozze a chi, da parte della sua famiglia, era stato invitato al suo matrimonio – per la maggior parte anziani abitanti nel paese di montagna, dove Elly decide di passare l’estate dopo aver perso il lavoro.
Quasi per caso, ogni volta che restituisce un regalo, le capita di farsi raccontare la storia del matrimonio di quella coppia, nella cui vita entra restituendo qualcosa che le è appartenuto per breve tempo. Ne emerge una realtà inaspettata e sorprendente, costituita da uomini e donne che, in un passato neanche troppo lontano, hanno dovuto fare i conti con la miseria imposta da una terra ingenerosa con i suoi figli.
Si alternano storie di emigranti, di figli cresciuti lontano dai propri genitori perché partiti dal borgo in cerca di fortuna, di famiglie frammentate, di giovani spose e madri che con i pochi soldi mandati a casa dai mariti emigrati dovevano allevare da sole i figli.
Il racconto che cambierà maggiormente la vita di Elly è quello della sua famiglia: la giovane donna sarà costretta a fare i conti con un passato che non conosceva, ma che ha dato forma alla sua vita tra silenzi incomprensibili, stanze piccole e claustrofobiche, l’assenza emotiva dei suoi genitori, i rimproveri protettivi della sorella Barbara scambiati per spocchiosa superiorità.
Elly affronterà la ricostruzione della propria identità con l’aiuto dell’unica cosa che sa fare: scrivere. Tutti i suoi sforzi si concentreranno nella pubblicazione di un libro che svelerà i racconti di una realtà semplice, ma piena di coraggio, con la lezione che vivere non significa nascondersi dietro un’apparente perfezione, ma manifestare la propria forza in mezzo alle difficoltà.
Roberta Rossi
FEBBIO
Non sono uno scrittore e neanche pretendo di esserlo. Non sono mai stato bravo in italiano: all’esame di Stato da geometra ero riuscito a fare un tema passabile, ma all’orale, sul Leopardi se non ricordo male, fui una frana.
Mi accingo a raccontare per iscritto cose vecchie, alcune anche antiche, sul mio paese natale, Febbio: non per questo si pensi che sia diventato uno scrittore in vecchiaia.
Mi sono documentato, ho svolto ricerche su enciclopedie e pubblicazioni di ogni genere. Poi c’è stato chi ha avuto la pazienza di leggere e sistemare le bozze di questo libro.
L’idea di scriverlo mi era venuta una ventina d’anni fa: già dai primi anni Settanta avevo iniziato a raccogliere copie di giornali e riviste che riportavano articoli e foto riguardanti Febbio e la sua valle.
Parlare di Febbio, quanto a località turistica appenninica dell’Emilia Romagna, significa, a mio avviso, cercare di dipanare uno dei nodi più aggrovigliati della storia della nostra zona di montagna, senza volersi fermare sulla superficie dei fatti.
Proprio per andare in profondità, la strada scelta durante la stesura di questo libro è stata quella di focalizzare l’attenzione sul fenomeno della desertificazione in senso umano della nostra montagna e in generale di tutte le montagne, senza trascurarne le radici sociali e culturali.
Gianpaolo Gebennini
STORIA DI UN GRANDE AMORE
La copertina del libro: una foto in bianco e nero e una foto a colori.
In mezzo ottant’anni di storia, di tradizioni, di musica, di persone, ma soprattutto di un paese.
Ecco il motivo di questo omaggio: parlare di Montefiorino e della sua gente attraverso otto decenni di note e armonie.
Dalla Banda sono passati tutti: generazioni di ragazzi e ragazze, famiglie intere, bambini e anziani.
Da sempre è l’associazione più rappresentativa e longeva del territorio, presente in ogni momento importante della vita paesana, in ogni manifestazione e ricorrenza, che al ritmo di piatti e cassa ha scandito il passare degli anni in questa nostra montagna.
L’idea del libro è nata l’autunno scorso, quando ci siamo posti il problema di come celebrare i primi ottant’anni della nostra Banda Musicale. Di qui la volontà di far conoscere a tutti l’intensa attività svolta nel corso dei decenni, affinché nulla di questa memoria storica, in parte contenuta negli archivi, in parte nei ricordi di chi c’era e l’ha vissuta, andasse persa.
È saltato fuori di tutto: dai serissimi documenti della fondazione, ai molteplici racconti di avvenimenti strampalati che da sempre hanno contraddistinto l’associazione; dagli archivi precisissimi e completi, come quello che il nostro Claudio custodisce gelosamente in casa sua (comprensivo di vere perle rare come la lettera da lui scritta a Raffaella Carrà), agli aneddoti per lo più divertenti o assurdi che i bandisti di ogni generazione ricordano con affetto e sorriso.
La nostra scrittrice, con estrema pazienza, ha ricomposto un puzzle confusionario, cercando di fare ordine tra date, persone ed eventi: un compito sicuramente complesso, per il quale ringraziamo Roberta, che si è spesso confrontata con personaggi eccentrici, accomunati dalla grande passione per Montefiorino e per la sua Banda.
Volevamo fosse una lettura allegra e spensierata, come i sentimenti che da sempre la Banda suscita ovunque venga chiamata e si esibisca, ma anche una pubblicazione storicamente dettagliata e precisa. “Serietà e goliardia: due concetti di per sé in netto contrasto, che però hanno trovato sintesi perfetta nello spirito della Banda Musicale di Montefiorino”, dice Roberta in un passaggio del libro. Noi siamo esattamente questo, un incontro di anime gaudenti, a cui piace divertirsi, stare bene insieme e felici di condividere la stessa passione per la musica.
L’ultimo pensiero, il più affettuoso, pieno di gratitudine, va a tutti i presidenti, i maestri, i bandisti, gli allievi, i simpatizzanti e a tutti coloro che nel corso degli anni hanno permesso la sopravvivenza e la magnificenza della Banda Musicale di Montefiorino.
Perché questa è stata, e indubbiamente lo è ancora, una grandissima storia d’amore.
Riccardo Baroni
Presidente della Banda Musicale di Montefiorino
CASTELLARANO IN UN RACCONTO 2014
Antologia di racconti e microracconti
del Concorso letterario Aquila d’Argento
A cura del Centro Studi Storici Castellaranesi
Opere di:
Salvatore Asciutto, Alessia Barbieri, Sara Barbieri,
Mirco Boschetti, Giuseppe Casali,
Centro Diurno “Il Mandorlo” di Roteglia,
classe 2ªD scuola media di Castellarano,
Assia El Kadri, Hiba El Qoumari, Cristian Fabbri,
Maurizio Gandolfo, Tiziana Miriam Guidetti,
Gabriella Incerti, Nizar Khalti, Alessia Lami,
Gabriele Ligabue, Alberto Lissoni, Filippo Luberto,
Roberto Medici, Alyssa Monari, Lorenzo Mucci,
Giorgio Muratori Casali, Alessandro Pedrinelli,
Matteo Popinciuc, Elena Pugnaghi, Tasnim Radi,
Filippo Romagnoli, Annamaria Ruggi, Davide Scalabrini,
Matteo Scalzo, Matteo Tassone, Valentina Tomiselli
Curatori:
Ester Lusetti
Augusta Borelli
Con il patrocinio del Comune di Castellarano
e la collaborazione dell’Istituto Scolastico Comprensivo di Castellarano
IN ORDINE SPARSO
I racconti del libro In ordine sparso sono stati scritti durante il corso di scrittura creativa in Formigine autunno 2103 da:
Maria Elena Barbieri
Giacinta Benassi
Margherita Casolari
Fiorella Fratti
Franca Guizzardi
Raffaele Morini
Rita Neri
Renata Solmi
Elettra Taddei
Con la collaborazione di:
Sandro Zaccarini
Non so cosa spinga una persona a frequentare un corso di scrittura creativa. Non tutti quelli che partecipano a corsi di questo genere aspirano a diventare scrittori, anzi quasi nessuno.
In tutti però esiste un elemento condiviso: la voglia di raccontarsi.
D’altra parte non credo si possa insegnare a scrivere, non in senso stretto: lungi da me il proposito di trasformare un partecipante al corso in un provetto scrittore.
Si può, anzi si deve stimolare la creatività. Si deve spiegare che esistono prospettive e linguaggi diversi per raccontare ciò che vediamo intorno a noi o che vive nella nostra memoria: quel modo sarà unico e irripetibile, perché rappresenta il nostro modo di vedere il mondo, rielaborarlo, renderlo interessante agli occhi del lettore.
Non esistono scorciatoie: la scrittura è prima di tutto fatica, costanza, dedizione e impegno. Occorre leggere e rileggere, lavorare di “scalpello”, per ricavare da un blocco di marmo una scultura armoniosa.
È necessario trovare un equilibro tra lingua opaca e lingua trasparente, scegliere tra prima o terza persona narrante, costruire personaggi forti e dialoghi incisivi. Andare dritto al sodo con la storia, non cincischiare nei dettagli, non voler stupire con l’aggettivazione. In tre parole: raccontare con onestà.
Ma occorre prima di tutto lasciarsi andare davanti alla pagina bianca.
Armati di penna, foglio e idee “in ordine sparso”, i nove partecipanti al corso di scrittura creativa, i cui racconti animano le pagine di questo libro, hanno dato vita a storie più o meno inventate, più o meno autobiografiche, sfoderando ironia, sarcasmo, lucidità, follia, spregiudicatezza, realismo, fantasia.
Diversi ogni sera gli stimoli proposti, ispirati a opere letterarie di differenti periodi storici e potenziati da suggestioni gustative e olfattive proposte da un esperto sommelier.
Venti i minuti per tradurre su carta pensieri ed emozioni, ambienti e personaggi. Senza filtri, senza paura di commettere errori. Poi la revisione, perché per aggiustare periodi e proposizioni c’è sempre tempo.
Il risultato è una raccolta di racconti gradevole, piena di umanità, libera dalla pretesa di mostrarsi perfetta: il che la rende ancora più intensa, intrigante, viva. Da leggere e da gustare per quello che è: il frutto della vena creativa di persone che hanno frequentato un corso di scrittura, semplicemente spinti dalla voglia di raccontarsi.
Roberta Rossi
Curatrice del corso di scrittura creativa
Direttore responsabile di Edizioni Terra marique
L’UOMO COL CUORE IN SOFFITTA
Può esistere qualcosa di più precario che raccontare in frammenti la precarietà, sentimentale e non, di oggi?
Fabrizio Tagliaferri, in questa primissima raccolta di poesie, non ambisce a mettere ordine nell’affollarsi dei suoi mostri di carta. Si accontenta, ma senza l’accenno di resa alcuna, di lasciare che prendano il sopravvento, nel loro succedersi affannoso e naturale.
Tentando di dar vita al suo sogno poetico, non persegue vie scontatamente liriche. I suoi occhi non cercano ispirazione nelle vie celesti, ma restano ben ancorati a terra.
Le sue parole trovano nutrimento in una genuina tazza di latte, nei buoni tortellini della nonna. Percorrono luoghi di sapore tondelliano, abitati da prostitute crudeli quanto materne, letti consumati da amori agrodolci, bagarini senza memoria che vendono biglietti per spettacoli inesistenti, e insospettabili poeti alla guida di una vecchia auto malandata.
Prende vita così il ritratto (abbozzato) di una generazione giovane, o forse costretta a rimanere tale, che scorrazza dentro e contro un’asfissia, pronta nonostante tutto ad aprirsi, quasi violentemente, al colore e alla gioia.
La profondità e l’originalità di questa raccolta poetica risiedono non nella dimensione del canto ma in quella della narrazione. Il poeta ci regala storie inesemplari, incontri prosaici, scenari umili e personaggi lontani dai grandi eroi. Ecco allora che, proprio quando il ritmo cresce e la retorica potrebbe prendere il sopravvento, il poeta mette mano all’ironia. Sfugge liriche invocazioni alle stelle capaci solo di rimandarlo a settembre, si interroga sul mistero della fede immaginando Dio ballare il rock, si rivolge all’amata con ormonali moine.
L’estremo realismo, però, non è sinonimo di desolazione, ma si offre come atto di estrema sincerità, uno sguardo sul piccolo mondo reso con occhi disillusi, ma non per questo disinnamorati. Infatti i delicati fiori hanno lasciato posto a spine in grado però di regalare verdi germogli. C’è sempre una Arianna a donarci la speranza e, come l’uomo col cuore in soffitta, si vive grazie a delle macchine ma si muore ancora per amore.
Succede allora che, in un mondo che poco concede alla poesia, si faccia strada il fiabesco e il pessimismo si tramuti in precario ottimismo.
Che consista proprio in questo il nostro credo quotidiano?
Marie Louise Crippa
VIVACE/GRAVE
Nei tre anni di coma cerebrale di Cristina, Marco la va a trovare tutte le settimane. Mezz’ora.
Guarda quello che rimane di sua madre e la sua mente è assalita da un unico istinto: scrivere.
Istinto di sopravvivenza, istinto di morte, racconti di vita, racconti omicidi, animali smembrati, scenari quotidiani, pensieri surreali si alternano in un caos delirante. Vorticano, fluttuano, nuotano in un fiume formato da sedici racconti. Il diciassettesimo costituisce una fine forzata di quel delirio autolesionista e salvifico.
Scritto a forza un anno dopo la morte di sua madre, vuole chiudere il cerchio.
Ma i racconti raccolti in questo libro non parlano solo di Lei. Parlano di tutt’altro, cercano di rivolgere lo sguardo altrove, a un altrove con più vita e meno senso, perché dentro quella stanza d’ospedale c’è più vita che fuori, nonostante non ci siano suoni, non ci sia calore, non ci sia respiro, ma solo una bolla che sale e scende da un tubo.
E allora vi ostinerete a leggere di cani, pipe, oceani, maiali, lavavetri… ma nonostante tutto la vostra mente tornerà lì, a quella bollicina.
Vivace/Grave, la suddivisione delle metriche e velocità che frammentano il metronomo, Vivace/Grave è anche il suo stato d’ animo, è la sua vita in questi anni, che non a caso, è sempre stata accompagnata da abbondanti flussi musicali e scandita a suon di metronomo. È la migliore descrizione di questi racconti, i migliori appellativi utilizzabili. Infine è una delle opere di Arcangelo Corelli ricorrente al 1600.