L’idea di scrivere un libro l’avevo già fatta mia quattro o cinque anni fa, salvo poi abbandonare il progetto.
In realtà avrei voluto scrivere un eserciziario diviso per obiettivi e fasce di età.
Lungo la strada mi sono però accorto dell’inutilità della cosa. Io stesso ne ho comprati alcuni, salvo poi non guardarli o interessarmene marginalmente. Ho sempre preferito l’approccio diretto, la visione sul campo e lo scambio di idee, magari al tavolino di un bar, appena finito l’allenamento. Chiunque allena e lo fa in modo serio, sarebbe interessato sì a vedere un eserciziario, ma giusto per dare un occhio a quello che fanno gli altri, prendendone magari il 5 per cento, perché noi allenatori siamo fondamentalmente presuntuosi.
Scrivere in prima persona la considero una cosa diversa: questa biografia non mi è costata né tempo né voglia. È stato come accendere una luce su quello che è stato il mio percorso, tra società dilettantistiche e professionistiche, in mezzo alle difficoltà di tutti i giorni, conditi anche da qualche aneddoto.
Cercavo qualcosa che potesse rimanere nero su bianco sia per me che per gli addetti ai lavori, per cui ho deciso di descrivere i miei primi quindici anni di carriera tra le mille difficoltà, i pregiudizi e le disavventure, in cui si imbatte chiunque si cimenti in questa professione in ambito dilettantistico.
Ho preferito il racconto della mia storia rispetto a un banale eserciziario, come a dire “questa è la mia vita”.
Lo dovevo ad alcune persone che mi hanno indirizzato e supportato e lo dovevo anche a me stesso, in modo che un giorno, quando smetterò, qualcosa rimanga anche a me, dopo anni passati a insegnare agli altri.
Andrea Parenti